[FESTIVAL-RECENSIONE] REVIVRE (re-post)

Buongiorno cari lettori, eccoci con l’ennesima recensione del film del Florence Korea Film Fest. In realtà questo film l’abbiamo già recensito perché è stato presentato a molti festival tra cui Venezia e Toronto, stiamo parlando di “Revivre” di Im Kwon Taek con Ahn Sung Ki come protagonista, come saprete l’attore è ospite al festival e ha presentato il film al pubblico fiorentino.

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TITOLO ORIGINALE: 화장

REGISTA: Im Kwon-Taek

CAST: Ahn Sung-KiKim Gyu-RiKim Ho-Jung

VOTO: 8

TRAMA:Un uomo di mezza età è bloccato tra la moglie morente e una donna più giovane che ama. Il film è basato su un romanzo scritto da Kim Hoon, vincitore di alcuni premi.” _mymovies

RECENSIONE:

Revivre è il film numero 102 di Im Kwon Taek, uno dei maestri del cinema coreano torna a farci riflettere, raccontando la storia di un uomo combattuto tra l’amore e il rispetto per la moglie malata terminale, e l’attrazione fisica, che si trasforma in voglia di fuga, verso una giovane collega.
Il plot potrebbe portare a pensare al solito film strappalacrime, e invece, nel perfetto stile del regista, il film segue la vita dei personaggi dal punto di vista psicologico, in maniera perfetta.

Il protagonista, interpretato magistralmente da Ahn Sung Ki, vive il tormento di vivere nel mezzo; tra la vita rappresentata dalla giovane e avvenente collega (Kim Gyuri) e ciò che rappresenta la malattia terminale della moglie (Kim Ho Jong), ovvero la morte. Il dissidio interiore è ben raccontato senza scadere nel patetismo e senza forzare la mano sulla relazione extraconiugale assolutamente platonica. La vita e la morte viaggiano lungo la stessa strada senza incontrarsi mai, ma lasciando a chi vive entrambe un senso di impotenza che si riflette anche sugli spettatori che non riescono a parteggiare per nessuna delle due. Durante il film, ci si interroga spesso (n.d.a. o almeno a me è capitato) su cosa sia giusto o sbagliato in quella particolare situazione, ma nel suo contempo ogni spiegazione sembra futile o priva di qualcosa, l’introspezione completa del personaggio ci fa perdere dentro la storia tanto che sogno e realtà convivono lasciandoci spiazzati. La scena iniziale di un funerale tradizionale viene più volte riproposta cambiando piccoli dettagli, rappresentando il disagio e l’insicurezza costante del protagonista.

La vita coniugale estremamente dolorosa e complicata e quella intrigante ma “sbagliata”, sia per i canoni etici che per quelli anagrafici. L’incertezza e il dolore lasciano spazio alla consapevolezza in una conclusione inaspettata, quanto giusta, che lascia ancora una volta lo spettatore sconcertato per la fine dei personaggi.

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    Articolo di: Veronica Croce

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